BUFALE online: una semplice mappa mentale per riconoscere una fake news e starci lontano

Le fake news a volte sono difficili da riconoscere: qui un vero caso studio ti aiuta a capire quali sono gli elementi da esaminare

Scorro la bacheca Facebook.

Il mio occhio si ferma su questa notizia, condivisa da un mio contatto:

“Il Marocco decide di castrare chirurgicamente gli stupratori e porre fine alla loro vita sessuale”

Il mio cervello elabora questi pensieri rapidi in successione:

  1. “Beh, hanno fatto bene”
  2. “Calma, è una fake news”
  3. “Aspetta. Potrebbe essere vera”

Pochi secondi e mi rendo conto che sono confuso.

Questa volta non mi sono bastati due sguardi al copy, alla fonte e al “distributore” di quel contenuto.

Questa volta non è così facile.

Questa volta ci sono altri elementi che fanno da contrappeso.

Ripercorro la strada che i miei pensieri hanno fatto.

Magari ho lasciato indizi determinanti sul percorso.

Bene. Quello che faccio ora non è altro che ritracciare quella strada “su carta”, per aiutare te che vuoi imparare a capire come riconoscere una bufala online ed evitare di condividerle sulla tua bacheca facendo brutte figure con i tuoi contatti.

Dunque.

Per svelare l’arcano parto da una prima fase: chi ha condiviso la notizia.

Prima fase: il DISTRIBUTORE

Chi sta condividendo quella notizia?

In questo caso il contenuto è stato condiviso da un utente piuttosto incline e propenso a condividere fake news.

Non ricordo la sua cronologia a memoria, ma conoscendolo so per certo essere un soggetto a rischio fake news.

Quindi?

Il “distributore” del contenuto è un PRIMO INDIZIO PER RICONOSCERE UNA FAKE NEWS? Assolutamente sì.

Guarda chi condivide la notizia: è una persona che conosci?

Ti fidi di quella persona?

È una persona che spesso condivide notizie altisonanti, che hanno a che fare con razzismo, odio, violenza e teorie complottiste?

Allora c’è una buona probabilità di bufala.

ATTENZIONE: le fake news spesso vengono condivise da persone che non sospetteresti minimamente essere a rischio bufale.

Persone con una buona cultura, una buona capacità di argomentare e una buona conoscenza dell’attualità.

Il problema qui è la poca conoscenza del mezzo “internet” e una percezione errata che hanno dell’autorevolezza di questo mezzo.

Spesso non sanno nemmeno dell’esistenza della dinamica fake news e del giro di soldi che c’è dietro.

Un consiglio: se dovessi scoprire che un amico, un parente, un genitore è incline a condividere cagate, faglielo notare senza cattiveria e senza attaccarlo.

Ma spiegandogli magari che dietro al mondo delle bufale risiede un vero e proprio business, che aumentando le visualizzazioni sul sito dove vengono pubblicate aumenta anche il guadagno, e che più click si generano sulla notizia falsa più chi l’ha inserita, grazie alla pubblicità e alle inserzioni del sito, ci guadagna.

Seconda fase: LA HEADLINE (il titolo)
Nel titolo sono racchiusi diversi livelli di complessità


Il titolo, e come stai per vedere nel titolo sono racchiusi diversi livelli di complessità, perché è la parte più importante di un articolo, di un pezzo di copy, di una pubblicità.

in questo caso il titolo fuorviante perché fa leva su ciò che è l’alimento principale delle fake news, il carburante tramite di cui si alimentano e tramite cui si propanano: l’odio.

Si parla di stupratori.

Una categoria (giustamente) odiata e la cui citazione genera reazioni emotive violente.

FARE LEVA SULL’ODIO è un INDIZIO PER RICONOSCERE UNA FAKE NEWS?

Anche questo lo è.

Ma qui c’è un secondo livello di complessità.

Come vedremo poi ce n’è anche un terzo e un quarto, ma intanto soffermiamoci su questo.

Questa notizia ha a che fare con il Marocco (più avanti scoprirai anche il perché).

Una cultura straniera. Quella araba.

Scatta l’elemento razzismo?

Vediamo se sì o no.

Questa volta però è complesso perché in genere una fake news avrebbe fatto molto più facilmente leva sull’odio VERSO questa specifica cultura.

Una cultura spesso oggetto di invettive a causa della barbarie di alcune pratiche legali, come ad esempio la flagellazione, l’infibulazione, la legge del taglione…

In questo caso la pratica, per quanto barbara possa essere, va a discapito di una categoria più odiata, quella degli stupratori.

Quindi la notizia ha a che fare con un’etnia e una cultura sì molto diversa e complessa dalla nostra.

Ma non sembra sfruttare la leva del razzismo, in genere presente all’interno delle fake news.

Il terzo livello di complessità ha sempre a che fare con la cultura araba, che il popolo del web per la stragrande maggioranza, non conosce davvero realmente e in modo approfondito.

Io per primo, mi trovo leggermente disarmato nel decretare una notizia del genere come vera o falsa.

Quindi, in questo caso il terzo indizio è la NOTIZIA IN SÉ (ciò che emerge dal titolo, perlomeno).

Ciò che viene detto. Il fatto.

Questa notizia (per mia ignoranza, e penso per quella di tanti altri) potrebbe essere falsa.

Ma potrebbe anche essere vera.

Perché parla di una questione controversa, complessa, ma non davvero lontana da un’ipotetica realtà.

Le fake news fanno leva sull’emotività e sull’incredulità della notizia.

In genere a chi è più freddo e razionale scatta la molla che gli fa dire: “Aspetta, fammi capire meglio se è vero”.

In questo caso la notizia POTREBBE ESSERE VERA. E qui ci si aggancia alla terza fase, la VERIFICA DELLE FONTI, che vedrai più avanti

Quarto livello di complessità: il copy.

Il copy usato è piuttosto delicato, su di un filo di raso.

Non è sguaiato, da fake news.

Ma utilizza parole da clickbait:

“castrare” – “stupratori” -“vita sessuale”.

Quel “porre fine alla loro vita sessuale” sembra svelare un sottile, dolce piacere nel dirlo.

Come se lo scrittore stesse un po’ godendo a scriverlo.

Sottile, possente e impavido, ma non sguaiato.

Fake news o semplice copy fatto bene?

Il modo in cui è scritto il titolo della notizia è ASSOLUTAMENTE un fattore per determinare una fake news.

Passiamo al visual, l’immagine utilizzata, piccolo e secondarioma non trascurabile fattore per riconoscere una fake news.

Due immagini montate in modo rudimentale, con due richiami, uno al dolore fisico e l’altro allo strumento chirurgico.

L’immagine è qualitativamente scarsa. Montata ad arte.

Mi sono preoccupato dell’immagine perché spesso e volentieri le fake news utilizzano immagini e video taroccati, modificati con Photoshop ed estrapolati da un contesto magari scherzoso, come i meme.

P.S. quando hai il sospetto su un’immagine all’interno di una fake news, ti consiglio di utilizzare il sito Tineye, che ti permette di verificare l’origine del contenuto.

Terza fase: L’AUTOREVOLEZZA
Un fattore determinante per scoprire se una notizia è vera o no è verificare la testata che l’ha pubblicato.

ALMAGHREBIYA ITALIA.

Io non la conosco e non l’ho mai sentita.

La testata riporta molte pubblicità:
“5xmille” e altre associazioni. Il che mi insospettisce.

Vado sulla home e i contatti.

Sì, c’è scritto che “è registrata al Tribunale di Roma decr. reg. 23/2013 del 18 Febbraio 2013.”, ma vai a sapere se è vero o no.

Con una ricerca più approfondita (cerco “Almaghrebiya Italia” su Google) scopro che la testata è in realtà abbastanza autorevole.

C’è un numero di telefono e una mail, certo.

Ma chi si prenderà mai la briga di chiamare?

Rimane solo una cosa da fare a questo punto: confrontare la notizia.

Copio-incollo il titolo su Google con qualche modifica e provo a vedere se la news è riportata da qualche altra testata.

Nessuna ne accenna, nemmeno minimamente.

Penso che una notizia del genere avrebbe fatto quanto meno un minimo di scalpore, che sarebbe stata riportata.

Chiediti anche: “in quante persone ne stanno parlando?”

Quando leggi quelle notizie in cui ti dicono “MA NESSUNO NE PARLA….!!!!”

chiediti PERCHÉ nessuno ne sta parlando.

Forse non c’è nessun complotto. Forse nessun massimo sistema ti sta tenendo nascosto niente. Forse non c’è nessun potere forte.

Forse nessuno ne parla perché non è vero, semplicemente.

Quarta fase: il contenuto dell’articolo

Hai letto un titolo e l’hai condiviso su Facebook: sai dirmi che cosa c’era scritto in quell’articolo?

Il contenuto è l’ultima cosa a cui una determinata fascia di utenti dà retta.

È capitato a te, ed è capitato anche a me, di fermarmi al titolo.

In questo caso è bastato leggere l’articolo per rendermi conto in effetti che il Marocco NON ha effettivamente legiferato la castrazione chimica per gli stupratori.

Sembra che l’incidenza dei casi di stupro e dei tentativi di mostrare pubblicamente l’assalto nelle strade pubbliche o in luoghi bui, abbia spinto il governo guidato da Saad al-Din al-Othmani, a mettere in atto una legge urgente che prevede la castrazione chirurgica degli stupratori,”

Qui non c’è nessun riferimento alla legge, il che mi fa pensare che forse in Marocco se ne stia discutendo.

O forse no.

Sta di fatto che non c’è ancora nessuna legge.

Qui il lavoro fondamentale di confronto delle fonti ha fatto il suo dovere.

Nessun’altra testata ne parla, quindi sono piuttosto sicuro che non ci sia nessuna legge.

Banalmente, un altro indizio per riconoscere una fake news è quindi LEGGERE L’ARTICOLO NELLA SUA INTEREZZA.

Io dico “banalmente”, ma mi rendo conto mentre lo scrivo che banale non lo è affatto.

Conclusioni

Ti dirò, la mia idea di partenza, senza aver fatto quel lavoro di confronto e appurazione delle fonti, era quasi che fosse una notizia vera.

La realtà è che è una notizia “tendenziosa”: riportata probabilmente in modo parziale, esagerata nel titolo ma debole nel contenuto.

E che questa volta ci stavo quasi per cascare.

Ho scritto queste poche righe per farti (o forse per farmi) rendere conto di quanto a volte può essere difficile determinare una fake news o no.

La leva più facile è l’ignoranza, il volersi fermare alla superficie senza riflettere e senza confrontare le fonti.

Senza approfondire.

William

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